Passare da essere dipendente a freelance è un’idea che ammalia moltissimi professionisti nel campo del digitale. La pandemia ci ha permesso di capire che la presenza in ufficio, per alcune tipologie di impiego è superflua, oltre al fatto che molte persone, da casa, hanno modo di gestire il proprio tempo ed i propri affetti con più cura.
Non so se lo sapevi ma l’Italia è il secondo paese d’Europa per numero di partite IVA (fonte Eurostat).
Complice anche un sistema lavorativo fallace e una visione più morbida sul concetto di successo personale, tanti italiani decidono di intraprendere un percorso professionale indipendente.
Qui sotto ti lascio alcuni dati che possono incuriosirti:
A. Nel 2021 sono state aperte 549.000 partite iva;
B. Le attività professionali costituiscono il 17,3% delle partite IVA, seconde solo al commercio 22,8%
C. Il 48,4% delle nuove partite IVA è stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 30,7% da soggetti fra i 36 ed i 50 anni
(Fonte Ministero dell’Economia e delle Finanze)
Se stai valutando il passaggio, voglio aiutarti a fare chiarezza in modo sincero ed oggettivo.
Ti elencherò i pro e i contro dell’essere freelance per poi passare a darti delle soluzioni pratiche che ho adottato in prima persona.
A. Scelta degli orari di lavoro: puoi organizzare in modo intelligente il tempo in modo da averne di più per ciò che conta
B. Nessun vincolo, salvo contratti
C. Il range di guadagno può essere molto ampio, quindi puoi arrivare ad obiettivi di fatturato molto elevati
D. Potere sulle modalità lavorative: puoi decidere di lavorare in remoto, di creare contratti con le tue condizioni, di utilizzare alcuni tool piuttosto di altri.
E. Puoi collaborare in libertà con chi vuoi, scegliere i tuoi clienti
F. Il rischio di mobbing è molto basso
G. Si parla di collaborazione, non di subordinazione (It’s a kind of magic!)
A. Stipendio variabile può significare grandi guadagni ma anche mesi di minori introiti
B. Hai l’intera responsabilità del lavoro da svolgere
C. Le skills per mandare avanti un business non si limitano alla tua competenza principale ma anche a marketing, copywriting, pubblicazione video, materiale promozionale, ads. Puoi decidere di delegare una parte di questo ad altri professionisti ma all’inizio dovrai cavartela da sol* e coprire parte di queste skills imparando e sperimentando in prima persona.
D. La contabilità è più complessa rispetto a quella che devi affrontare come lavoratore dipendente.
E. Non ci sono ferie e malattia pagati. C’è chi sostiene che anche gli straordinari non lo siano ma su questo punto sono d’accordo solo al 50%. Scopri perchè!
F. Non ci sono colleghi disposti ad aiutarti quotidianamente, salvo collaborazioni strette e continue con persone di fiducia.
Scherzavo! Hai appena letto un titolo ingannevole. Si perchè il punto è che non ti devi buttare ma puoi affrontare il passaggio da dipendente a freelance in modo intelligente e graduale. Se lavori per un’azienda puoi cominciare a svolgere piccole commissioni facendo ritenuta d’acconto, visto che il lavoro autonomo può coesistere con quello dipendente. Se lavori full time e non hai tempo per stare dietro a commissioni di clienti che, per forza di cose, ti legano ad una reperibilità durante il giorno, puoi costruire un portfolio di progetti personali fittizi.
Crea qualcosa che rispecchi al meglio possibile ciò che sei in grado di fare per qualcuno. Crea la tua realtà su Behance, Pinterest, Dribble o un sito personale. Ogni singolo passo verso la visibilità è di fondamentale importanza sia a breve che a lungo termine.
Il buona sostanza, ti sto chiedendo di coltivare due realtà parallele perché puoi davvero avere quello che desideri. E ti dirò di più: nel frattempo che lavori come dipendente, se hai un reddito annuo lordo (RAL) inferiore ai 30.000 €, puoi aprire P.IVA e far coesistere entrambe le cose.
Se hai bisogno di maggiori chiarimenti sui limiti di entrate per questa particolare casistica, ti consiglio di leggere questo articolo di Flextax.
Appena uscita dall’università, nel 2017, ho iniziato subito con la libera professione lavorando in remoto per un’agenzia e per clienti miei come freelance. Eppure qualcosa mi faceva sentire in difetto, dovevo per forza provare come dipendente, altrimenti non sarei cresciuta e livello professionale, non avrei fatto l’esperienza che conta per sentirmi più all’altezza del mio lavoro.
Fui assunta in un’agenzia di comunicazione, dalla quale diedi le dimissioni dopo neppure 3 mesi. Ci riprovai con non pochi traumi e preoccupazioni dopo l’esperienza negativa appena finita e, dopo qualche mese, finalmente si presentò una nuova opportunità. Purtroppo anche qui le cose non andarono bene: posto di lavoro dominato dall’obsolescenza, tirannia ed ignoranza. Mi sentivo inutile e, ovviamente, fallita.
Come avrei fatto a garantirmi un’entrata minima ogni mese? Perché non mi trovavo mai bene? Oscillavo fra il darmi la colpa di non essere abbastanza al ricordare l’incapacità di certi titolari di saper gestire i propri dipendenti con correttezza ed ascolto. Rimasi con questa frustrazione addosso per molto tempo fino a quando non arrivò uno degli ultimi colloqui della mia vita.
L’azienda in questione si era presentata parlandomi del suo fatturato, il quale si aggirava intorno ai 25 milioni di euro annuali. Lo trovai un modo bizzarro di introdursi, se si è davvero forti perché parlare di numeri ancor prima di ciò che fa il proprio business?
Il primo colloquio andò bene, così anche il secondo e infine arrivammo al terzo nel quale chiesi quale fosse la retribuzione prevista. La recruiter non mi volle rispondere e glissò con la frase preconfezionata “è commisurata all’esperienza”. Vedendo tale resistenza, risposi che al di sotto del livello X non avrei accettato e ci salutammo.
Dopo quel colloquio tornai a casa con l’amaro in bocca, non solo per la risposta ma sopratutto per la consapevolezza che le mie necessità e il fatto che anch’io avessi il diritto di sapere cosa aspettarmi dall’azienda, non contavano niente a quel tavolo. Com’è finita lo sapete tutti, altrimenti non sarei qui a scrivervi presentandomi come freelance full time 🙂
Quello che mi salvò dal sentirmi sbagliata furono i miei clienti e l’amore per il design, per praticarlo eticamente e alle mie condizioni. Non smisi quindi di cercare la situazione ideale per me.
Portogallo, Settembre 2021. Il primo viaggio all’estero dopo 2 anni. Io e la mia compagna noleggiammo un kayak. Mentre pagaiavo, mi sentii libera ed estremamente a mio agio con me stessa. Ero ok, andavo bene così, con tutte le cose che sapevo e non sapevo fare. Era ok non lavorare per un’agenzia o azienda come dipendente, non sarei cresciuta meno né mi sarei guardata allo specchio come una fallita che non era stata scelta. Perché?
Perché ci si sceglie da entrambe le parti e io, con quelle aziende, non mi sono mai sentita in linea.
Quando si dice che i valori contano è questo che si intende. Diventare partner di lavoro non è una mera scelta economica anzi! Significa scegliersi perché trattiamo il terreno di gioco nello stesso modo e si è complementari nelle competenze.
“E quindi, ad oggi, ti senti completa?”
No, ma non rimprovero più le mie mancanze. Migliorerò con pazienza.
Ecco come sono diventata freelance.
Ora hai una panoramica dei pro e dei contro dell’essere freelance e una storia che spero ti abbia infuso coraggio. Essere freelance però non è per tutti, parto sempre da questo presupposto.
Se la tua intenzione è però quella di passare alla libera professione e costruire il tuo Personal Brand, posso aiutarti con un percorso strutturato.
Guarda di che si tratta qui sotto
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Ilaria Mast
di Ilaria Mastrantonio
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